Scuola, rapporto Invalsi 2023: Pacifico (Anief Cisal): “E’ il risultato dei tagli degli ultimi anni”

In evidenza, News, Notizie dalla CISAL, Notizie dalle Federazioni

Persiste l’abbandono scolastico e chi arriva al diploma, soprattutto al Sud, non ha le competenze necessarie


La scuola italiana non è tornata ai livelli della pre-pandemia: lo conferma anche il Rapporto Invalsi 2023, presentato alla Camera. In media, i livelli medi di preparazione raggiunti dai nostri alunni sono inferiori al 2019 e persistono, se non si allargano, i divari territoriali con il Sud sempre più indietro. Persiste l’abbandono scolastico e anche quello di chi arriva al diploma ma senza avere le competenze necessarie.

“I risultati del Rapporto Invalsi 2023 – commenta Marcello Pacifico, segretario confederale Cisal e presidente nazionale Anief – ribadiscono quello che già sapevamo: ci sono infatti alcune regioni, come la Campania, dove il 20% degli studenti prende la maturità solo sulla ‘carta’. Se i ritardi di preparazione scolastica e di dispersione maggiore si riscontrano sempre negli stessi territori – come Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia e la stessa Campania – è evidente che occorrono rinforzi in quelle zone, dove i contesti sociali, istituzionali, spesso anche familiari, non sono favorevoli all’apprendimento degli alunni. Ecco perché chiediamo un organico maggiorato per le sedi più a rischio e provvedimenti ad hoc. Anche negli ultimi anni, invece di prendere provvedimenti migliorativi, siamo riusciti a fare peggio, con riduzioni di spesa previste dai vari Def approvati. Ma anche con un nuovo dimensionamento scolastico, che si somma a quello del 2009, il Dpr 81, che ha tolto ore di scuola, classi, sedi scolastiche, docenti, Ata e in generale qualità al nostro sistema scolastico: anche questo governo si accinge ad accorpare altre 700 sedi, senza ridurre, nemmeno di un’unità, la quantità di alunni per classe”.

“C’è inoltre bisogno di un intervento economico importante a favore dell’Istruzione pubblica, considerando che – ricorda il sindacalista – la spesa per la formazione dei nostri giovani rispetto al Pil rimane in media quasi un punto sotto quella europea: i soldi investiti servirebbero a stabilizzare il personale, a partire dai precari con oltre 36 mesi e da tutti gli idonei dei concorsi, con oltre il 20% di supplenti annuali: un numero, quello dei precari, che in pochi anni è addirittura raddoppiato. Con un investimento forte nella scuola di andrebbe anche a dimezzare il numero di alunni per classe, ad aumentare le ore di tempo scuola, a riproporre le efficaci compresenze dei docenti, a riportare i docenti specializzati nella lingua alla primaria, oltre che ad introdurre carriere, profili professionali e stipendi adeguati alla professione. Ci sarebbero inoltre da cambiare diverse norme, come quelle regolano la mobilità e bloccano le indennità da dare al personale che opra in contesti difficili”, conclude Pacifico.

I RISULTATI DEL RAPPORTO INVALSI 2023. Per quanto si tratti di numeri, è evidente l’indebolimento dei risultati in tutte le discipline a livello di scuola primaria, con i divari territoriali che iniziano a emergere già dalla II primaria, più marcati nella V classe, particolarmente per la Matematica e l’Inglese-listening. La scuola primaria nel Mezzogiorno continua a faticare a garantire uguali opportunità a tutti, con evidenti effetti negativi sui gradi scolastici successivi, particolarmente evidenti nella Matematica e l’Inglese-listening.

A livello di scuola secondaria di primo grado, si nota una stasi nel calo degli apprendimenti in Italiano e Matematica riscontrato tra il 2019 e il 2021, senza tuttavia una decisa inversione di tendenza. L’Inglese, sia listening sia reading, mostra un miglioramento, ma persistono marcati divari geografici. Nella scuola secondaria di secondo grado, i risultati del 2023 indicano un arresto del calo in Italiano e Matematica, riscontrato tra il 2019 e il 2021, senza però un’auspicata inversione di rotta. Ancora, l’Inglese mostra un costante e diffuso miglioramento. Un punto critico è la dispersione scolastica, resa più acuta dalla pandemia. Il problema non riguarda solo chi abbandona la scuola, ma anche coloro che completano il ciclo di studi senza le competenze di base necessarie.