La previdenza in tilt per il “click day”: cronistoria di un fallimento annunciato

In evidenza

Il Commissario Nazionale della Filp Cisal, Vincenzo Morelli, spiega, punto su punto, che quanto accaduto oggi è solo la punta dell’iceberg di un problema, legato ai professionisti, molto più profondo


Un minuto dopo la mezzanotte del 1° aprile 2020. Neanche il tempo di terminare la giornata lavorativa del martedì, che per i professionisti ne inizia subito una nuova. È il “click day” dei professionisti (già, dopo il “click day” del bonus alberghi, è toccato pure a loro), l’evento che ha mandato in tilt l’intera previdenza italiana. Ma cosa è successo esattamente? È il 17 marzo 2020 quando, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, viene finalmente pubblicato il d.l. “Cura Italia” (d.l. n. 18 del 2020). La pubblicazione del decreto altro non è che la fine di un lungo e – per usare un eufemismo – tortuoso percorso, preceduto da (o fatto di, se si preferisce) numerose e confuse conferenze stampa, dalla circolazione incontrollata di bozze ufficiose (e non veritiere) e dagli ormai ben noti “comunicati legge” da parte di Agenzia delle Entrate, MEF e INPS, etc. Oltre che, naturalmente, dalla più totale confusione regnante presso la clientela dei professionisti e negli studi professionali.

In ogni caso, i professionisti, giunto nelle loro mani il decreto definitivo (ovviamente in tarda nottata), hanno potuto constatare l’esistenza (tra le numerose disposizioni, per lo più criptiche) della ormai famigerata indennità di 600 €. Se la storia finisse qui, non ci sarebbe bisogno di parlarne ulteriormente. I professionisti sono abituati, da tempo ormai immemore, al lavoro massacrante, sotto pagato (o non pagato), svolto per lo più all’ultimo minuto (anche se, nel caso di specie, si è probabilmente stabilito un nuovo record) e nella più completa confusione legislativa (e qui il record di certo è stato abbondantemente superato). Bene, anzi, che qualcosa – una volta tanto –  è stato riconosciuta pure a loro!

Purtroppo, però, le cose non sono state così “semplici”. Anzi, non lo sono state affatto. Dalla lettura del decreto, si scopre, innanzitutto, che l’indennità non è per tutti: riguarda solo gli “art. 27” (professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla gestione separata INPS) e gli “art. 28 (lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali dell’Ago). Per questi soggetti, non è necessario dilungarsi su cosa sia accaduto dal punto di vista giuridico e operativo; è cosa purtroppo ben nota. Alla scarsa chiarezza del decreto hanno solo in parte supplito le successive FAQ del governo e i (non tempestivi) chiarimenti della circolare n. 49 del 30 marzo dell’INPS. Per fugare il (fondato) dubbio che non si trattasse di un “click day”, l’interpretazione fornita dell’INPS (che in un primo momento aveva pubblicato sul proprio sito l’avvertenza che le domande sarebbero state valutate in “ordine cronologico”) è stata spazzata via dalle interviste al Presidente del medesimo Istituto (posizione poi ufficializzata, nel comunicato stampa del 31 marzo) e al Ministro delle Finanze. Ad un rocambolesco accesso in massa alla procedura informatica per la richiesta, però, nessuno ha potuto porre rimedio. Al prevedibile “blocco” dei sistemi informatici (che hanno obbligato i professionisti e gli utenti a ripetere innumerevoli volte la procedura) e al vuoto dei canali di assistenza, si sono aggiunti gli intollerabili e ingiustificabili “bachi” in materia di privacy e gli attacchi informatici, che hanno, infine, obbligato l’INPS allo “shutdown” del sito. Sul sito dell’INPS fa così infine capolino il seguente (a dire il vero, ben poco rassicurante) messaggio: “Si assicura che tutti gli aventi diritto potranno utilmente presentare la domanda per l’ottenimento delle prestazioni”. Ringraziamo l’INPS. Tuttavia, che si desse la possibilità a tutti gli aventi diritto di presentare la domanda lo davamo per scontato; un po’ meno scontato, è capire chi sono gli aventi diritto, quando le domande potranno essere (ri)presentate, e le eventuali risorse a disposizione. Piccola puntualizzazione collaterale alla vicenda: è incomprensibile la ragione per la quale l’INPS ha garantito ai soli consulenti del lavoro (si veda comunicato stampa proprio di oggi, 1° aprile 2020, del Consiglio Nazionale dell’Ordine) in determinate fasce orarie l’accesso riservato a determinati servizi relativi alla situazione emergenziale. Si ritiene che l’inefficienza delle procedure informatiche dell’INPS (che certamente non dipende dai professionisti!) non debba andare a detrimento delle altre categorie professionali, che sarebbero ingiustamente penalizzate da questa scelta. Non è finita. Dalla lettura del decreto “Cura Italia” si scopre, poi, che qualcuno si è dimenticato dei professionisti iscritti alle casse previdenziali privatizzate, essenzialmente gli appartenenti alle professioni ordinistiche (Dottori Commercialisti, Avvocati, Ingegneri, Architetti etc.). Ma no – sostiene un qualche Ministro in un’intervista – il problema non c’è: questi sono gli “art. 44”. Per loro il bonus ci sarà dal 1° aprile 2020, come per gli altri. Quattro giorni fa la notizia: il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministro delle Finanze hanno “firmato” pure il decreto per gli art. 44”. Benissimo. E così riparte la ruota infernale, fatta di mille pettegolezzi, smentite, comunicati e proteste delle stesse casse previdenziali (giustamente, nella più completa confusione), interviste, bozze non firmate di decreti. In questo marasma, si scopre, ad esempio, che non tutti i professionisti possono beneficiare dell’indennità, ma tutto dipende da numerose (e quanto mai confuse e spesso ingiustificate) variabili. Tra le altre cose, il decreto prevede che i lavoratori con un reddito complessivo nel 2018 fino a 35.000 euro possono beneficiare dell’indennità se l’attività “sia stata limitata dai provvedimenti restrittivi emanati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Peccato che presa alla lettera la disposizione è inapplicabile: le attività professionali non sono mai state sospese e/o limitate da provvedimenti dell’Autorità. Per queste è stato previsto esclusivamente un incentivo (all’art. 1, punto 7, d.P.C.M. 11 marzo 2020) all’introduzione di forme di lavoro agile c.d. smart working.  Non è poi il caso di dilungarsi sulla evidente illegittimità della prima versione del decreto (che subordinava l’accesso all’indennità alla regolarità contributiva nel 2019) né circa gli impossibili calcoli da effettuare, in base all’attuale versione, per i professionisti con redditi compresi tra 35.000 € e 65.000 € (soprattutto quando associati di studi professionali). Si diceva, che il decreto per gli art. 44” è stato firmato quattro giorni fa. Se non fosse che questa mattina – 1° aprile 2020, data in cui le domande per l’indennità potevano essere inviate – del decreto in Gazzetta Ufficiale non vi era traccia. Finalmente, si viene a sapere che il decreto firmato esiste ed è sul sito del Ministero. Le Casse – che nel frattempo avevano lavorato al buio nella progettazione della piattaforma per il riconoscimento delle indennità – aprono le danze.

Non tutti riescono; forse riproveranno, forse desisteranno. E qui l’incertezza è assoluta. Per gli “art. 44” è un “click day” o no? Dalla lettura della normativa primaria (l’art. 44 del Cura Italia) e di quella secondaria (gli artt. 3 e 5 del decreto) parrebbe proprio di sì. E così nell’(ennesimo) dubbio, anche i siti delle Casse Privatizzate, assalite da centinaia di migliaia di professionisti, hanno comprensibilmente vissuto, salvo qualche rara eccezione, il proprio personale “shutdown”. Insomma, oggi la previdenza italiana è andata in tilt per il “click day” di centinaia di migliaia di professionisti. Qualcuno direbbe che la misura è stato un successo in quanto il messaggio è arrivato, tutti sono o saranno (forse?) accontentati o che finalmente anche i professionisti sono “considerati”. Sia consentito, invece, affermare che se i professionisti devono correr dietro intere giornate appresso ai “click day” per un sussidio di 600 €, non è una buona notizia. Ci mancherebbe: pecunia non olet e Noli equi dentes inspicere donati. Tuttavia, qualcuno, forse, dovrebbe iniziare seriamente a parlare e, soprattutto, ad affrontare il (drammatico) tema dello stato delle professioni in Italia e della (scarsa o nulla) considerazione che la politica ha per questi soggetti. In quest’ottica il “click day” non è affatto una buona notizia.