Dal Pil all’istruzione: il Sud in ritardo rispetto al Nord in dieci punti. E i giovani tornano ad emigrare

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Ritardi strutturali e divario con il Nord mettono a rischio anche il Pnrr. A lanciare l’allarme è l’Istat


I ritardi strutturali socio-economici del Mezzogiorno e l’enorme divario con il Nord, che piuttosto che diminuire continua a diventare sempre più ampio, mettono a rischio anche il Pnrr. A lanciare l’allarme è l’Istat con un report pubblicato ieri dal titolo: «I divari territoriali nel Pnrr, dieci obiettivi per il Mezzogiorno». Il gap tra Sud e Nord è evidente dalle tavole pubblicate dall’Istituto di Statistica. E anche l’inverno demografico è più rigido, laddove le carenze di varia natura hanno impoverito, dal punto di vista economico, sociale e persino culturale l’intero territorio a Sud di Roma. L’analisi dell’Istat è soprattutto un allarme, nella misura in cui viene posto l’accento su dieci indicatori. Nello specifico il divario è evidente nel Pil pro-capite, nel livello d’istruzione («il Mezzogiorno conferma una grave arretratezza»), nell’occupazione giovanile e nella ripresa dell’emigrazione di massa, fenomeno che torna a preoccupare soprattutto nelle cosiddette aree interne. E ancora l’Istituto ricorda una serie di problematiche e gap infrastrutturali, a partire dalla rete internet: il 60% dei residenti al Sud ha opportunità ridotte di accesso alla Banda ultra-larga. Ma anche le reti idriche: il livello di inefficienza è sopra la media in tre province su quattro nel Mezzogiorno e soltanto in una su quattro al Nord. E ancora: le infrastrutture di trasporto vedono un 58% di rete elettrificata per le ferrovie contro il 79,3% del Centro-Nord. Il tutto aggravato, poi, dalla qualità del sistema sanitario, che porta a un’emigrazione verso Nord per sottoporsi a cure sempre più spesso. 

Il rischio maggiore riguarda l’inverno demografico, che su questa strada diventerà “irreversibile”. Istat spiega nel rapporto: «I ritardi del Mezzogiorno stanno aumentando i rischi di un eccessivo e non reversibile impoverimento demografico. Fra il 2011 e il 2020 si è registrato il primo calo di popolazione nella storia recente del Mezzogiorno (-642mila abitanti; +335mila nel Centro-Nord). A tendenze invariate, nel 2030 i residenti scenderanno per la prima volta sotto la soglia critica dei 20 milioni di abitanti, con una riduzione su base decennale di circa 4 volte rispetto al Centro-Nord (-5,7% e 1,5%). La perdita di popolazione si concentra nei più giovani, cui fa da contrappunto il maggior peso della popolazione anziana. Intorno al 2035 l’età media della popolazione di Sud e Isole potrebbe superare quella del CentroNord, nel 2011 ancora nettamente inferiore (39 anni contro 43,2 del Centro-Nord). Tali fenomeni inediti, se non governati con urgenza, possono far incamminare il Mezzogiorno verso un’involuzione radicale e molto problematica nella funzionalità e sostenibilità della propria struttura sociale».
Divari e ritardi in tutti i settori. Dall’istruzione, dove è evidente il divario persino in matematica: al Sud ha una preparazione “molto buona” il 6% dei ragazzi, contro il 22% del Nord-Est, seguendo i risultati dei test Invalsi. Segno inconfutabile di come il contesto socio-economico incida anche sulla cultura. Senza dimenticare l’aspetto economico. Il Pil reale della Puglia è di 18mila euro pro-capite, in Trentino il dato è oltre la soglia dei 40mila euro. Un distacco, questo, rimasto stabile negli ultimi vent’anni, segno che la crescita e la crisi non hanno affatto contribuito a mescolare le carte.

«Gli esiti dei ritardi del Mezzogiorno – scrive Istat in conclusione al rapporto – stanno accentuando le fragilità della sua struttura socio-economica attraverso una sorta di “tsunami demografico” . Si tratta di un processo piuttosto ben delineato e di portata rilevante, che merita grande attenzione perché sembra prospettare un impatto inedito sulla struttura demografica di queste comunità. Se non si riesce a porre un freno, le tendenze in atto possono condurre verso un’involuzione progressiva e non sostenibile del capitale umano di molta parte del Mezzogiorno, che storicamente è stato il suo principale patrimonio. A oggi, le cosiddette “aree interne” potrebbero essere solo la parte più avanzata ed esposta di questa prospettiva». Il Pnrr è l’orizzonte più vicino, tangibile, ma i divari tra Nord e Sud rischiano di incancrenire ancor di più la questione Meridionale. Finché, per via della decrescita demografica e delle migrazioni – spiega Istat – non sarà irreversibile.